viernes, 22 de enero de 2016

Conservatorio "Lucio Campiani." Uno sguardo


    Il Conservatorio Lucio Campiani di Mantova é come una porta che si apre verso una dimensione sconosciuta. Nel momento in qui si trapassa la soglia che comunica la strada con lo spazio interiore, tutto può accadere. Uno può trovarsi nel chiostro col suono melodico tracciato dalle note sulle corde di una chitarra, che qualcuno suona all' improvviso mentre un altro attraversa l' erba verde in direzione della biblioteca, alla ricerca di un libro sulle origini del Jazz, o per stampare qualche partitura di Mozart, Schönberg, Chopin, Bach o chi sa.
     Non è difficile dimenticare il trascorso delle ore quando uno si interna in questo luogo nell' atmosfera del quale si sente ancora il rumore silenzioso delle preghiere delle suore che abitavano lo spazio del convento, ma dove si percepiscono anche sottilmente le tensioni di quel tempo in cui il conservatorio era stato una caserma. Adesso i corridoii si riempiono dei suoni dei diversi strumenti o voci che insieme compongono una sinfonia non sempre perfettamente accordata, piùtosto imprevedibile, ma proprio per quello di una bellezza poco convenzionale.
      I suoni dei fiati che ci trasportano ai tempi della musica barocca, ma non solo, si mescolano ai suoni dei sax, delle batterie, le chitarre elettriche, i bassi, le voci o il piano forte che interpretano brani già classiche come Everything happens to me o Like someone in love, e lo fanno sempre in una tonalità gentilmente adattata alle necessità particolare di ogni interprete.
      Un po più avanti nello stesso corridoio, tre diversi modelli di pianoforte tracciano il "circolo delle quinte" e le immagini dei tritoni che si muovono su e giù tra i tasti bianchi e neri possono portarci a uno stato di contemplazione interiore o semplice concentrazione, a meno che abbiamo voglia di studiarne la sua meccanica, che ci prepara per delle eventuali emergenze come la rottura inaspettata di una corda.
     Ma le storie di questo conservatorio-monastero-caserma non finiscono qui. Che dire del modo in cui una professoressa ti guarda con occhi vivaci tra il piano forte e gli occhiali nel momento in cui si varca la porta della sua aula, o l'incontro con i sguardi da diverse colori che si disegnano nei volti delle persone che attraversano i corridoii per poi sparire da nuovo tra una delle molteplici porte che non si sa mai dove portano? 
     Andando un po più sopra ci abbandonano un attimo gli accordi tritonici, diminuiti, aumentati, none, seste, settime, minore, le scale melodiche, frigie, doriche o fisarmoniche... per addentrarsi nel mondo più essenziale del solfeggio che ci ritorna a quella dimensione della musica  non ancora segnata di uno stilo particolare, ma che ci mostra il suo ordine interno il quale deve essere conosciuto neanche sia soltanto per poter essere dopo scambiato non a caso e solo in caso di necessità.
     Molteplici sono le storie che accadono tra le mure di questo edificio antico dove la musica ci apporta un aria di novità. Indefinibile il modo in cui i ritmi e i tempi variano secondo le diverse musiche che si incrociano, trovano, accordano o --come in quella scala superlocria con quattro notte alterate-- si disaccordano per poi dopo accordarsi da nuovo. Molto potrebbe dirsi e immaginarsi su questo luogo situato alla strada mantovana della Conciliazione, me è a ognuno di sperimentarlo da se stesso e trovare il suo personale percorso. Vi invito a farlo, neanche sia una sola volta prima di partire verso un altro destino. 

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