Il
Conservatorio Lucio Campiani di Mantova é come una porta che si apre
verso una dimensione sconosciuta. Nel momento in qui si trapassa la soglia
che comunica la strada con lo spazio interiore, tutto può accadere.
Uno può trovarsi nel chiostro col suono melodico tracciato dalle
note sulle corde di una chitarra, che qualcuno suona all' improvviso
mentre un altro attraversa l' erba verde in direzione della biblioteca,
alla ricerca di un libro sulle origini del Jazz, o per stampare
qualche partitura di Mozart, Schönberg, Chopin, Bach o chi sa.
Non
è difficile dimenticare il trascorso delle ore quando uno si interna
in questo luogo nell' atmosfera del quale si sente ancora il rumore
silenzioso delle preghiere delle suore che abitavano lo spazio del
convento, ma dove si percepiscono anche sottilmente le tensioni di
quel tempo in cui il conservatorio era stato una caserma. Adesso i
corridoii si riempiono dei suoni dei diversi strumenti o voci che
insieme compongono una sinfonia non sempre perfettamente accordata,
piùtosto imprevedibile, ma proprio per quello di una bellezza poco
convenzionale.
I suoni dei fiati che ci trasportano ai tempi della musica barocca, ma
non solo, si mescolano ai suoni dei sax, delle batterie, le chitarre
elettriche, i bassi, le voci o il piano forte che interpretano brani
già classiche come Everything
happens to me o
Like
someone in love,
e lo fanno sempre in una tonalità gentilmente adattata alle necessità
particolare di ogni interprete.
Un
po più avanti nello stesso corridoio, tre diversi modelli di
pianoforte tracciano il "circolo delle quinte" e le
immagini dei tritoni che si muovono su e giù tra i tasti bianchi e
neri possono portarci a uno stato di contemplazione interiore o
semplice concentrazione, a meno che abbiamo voglia di studiarne la
sua meccanica, che ci prepara per delle eventuali emergenze come la
rottura inaspettata di una corda.
Ma
le storie di questo conservatorio-monastero-caserma non finiscono
qui. Che dire del modo in cui una professoressa ti guarda
con occhi vivaci tra il piano forte e gli occhiali nel momento in cui
si varca la porta della sua aula, o l'incontro con i sguardi da
diverse colori che si disegnano nei volti delle persone che
attraversano i corridoii per poi sparire da nuovo tra una delle
molteplici porte che non si sa mai dove portano?
Andando
un po più sopra ci abbandonano un attimo gli accordi tritonici,
diminuiti, aumentati, none, seste, settime, minore, le scale
melodiche, frigie, doriche o fisarmoniche... per addentrarsi nel
mondo più essenziale del solfeggio che ci ritorna a quella
dimensione della musica non ancora segnata di uno stilo
particolare, ma che ci mostra il suo ordine interno il quale deve
essere conosciuto neanche sia soltanto per poter essere dopo
scambiato non a caso e solo in caso di necessità.
Molteplici sono le storie che accadono tra le mure di questo edificio antico
dove la musica ci apporta un aria di novità. Indefinibile il modo in cui i ritmi e i tempi variano secondo le diverse musiche che si incrociano, trovano, accordano o --come in quella scala superlocria con quattro notte alterate-- si disaccordano per poi dopo accordarsi da nuovo.
Molto potrebbe dirsi e immaginarsi su questo luogo situato alla
strada mantovana della Conciliazione, me è a ognuno di sperimentarlo
da se stesso e trovare il suo personale percorso. Vi invito a farlo,
neanche sia una sola volta prima di partire verso un altro destino.
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